La valutazione 

  

Ogni attività formalizzata e finalizzata necessità di un controllo relativo alla situazione iniziale, alle attività in corso ed agli esiti finali che può essere definito come valutazione. Il processo valutativo parte da una base oggettiva che si fonda sulla misurazione delle prestazioni e delle prove, implica l’effettuazione di  osservazioni e rilevazioni,  per misurare conoscenze, abilità, competenze, e  la  conseguente formulazione di punteggi. La valutazione propriamente detta avviene quando ad un determinato risultato si attribuisce un giudizio di valore. Ne consegue che l’esito della misurazione ci è dato dalla prova stessa mentre la valutazione è espressa dal valutatore che adotta determinati criteri valutativi per esprimere un giudizio di valore.

 

La letteratura relativa alla docimologia, ovvero la scienza della valutazione, si è arricchita sempre di più dal lontano 1922, quando Henri Piéron in Francia osservò che i voti riportati dagli allievi agli esami di scuola elementare presentavano una correlazione quasi nulla con la somministrazione di prove oggettive di conoscenza. Ne nacque la necessità di adottare strumenti scientifici di controllo degli apprendimenti, per evitare che gli esiti positivi o negativi fossero determinati dal caso. I contributi degli studiosi allo studio della valutazione sono stati notevoli e vanno da de Landsheere, Bacher,  Reuchlin, a Visalberghi, Calonghi, Vertecchi e Domenici per citare i più noti. L’intento di tutti è stato di definire meglio gli ambiti di studio e di trovare strumenti e metodi di misurazione e valutazione degli apprendimenti il più possibile oggettivi.

Misurazione

Per misurazione si intende il confronto di grandezze omogenee e per effettuare questo atto  servono una classe di grandezze ed un sistema di misura. Il concetto di misurazione può essere applicato agli apprendimenti e la ricerca docimologica ha raggiunto un discreto grado di validità dal momento in cui le grandezze misurabili sono state identificate con gli obiettivi d'apprendimento ed i livelli di competenza.

In altri termini, misurare è un’operazione convenzionale che consiste nell’associare un simbolo, spesso in forma di numero, ad un oggetto definito o ad una sua proprietà in modo che a quella proprietà si possano attribuire le caratteristiche dei numeri che vengono a rappresentarla. Diventa quindi possibile compiere confronti fra l’oggetto o una sua proprietà da misurare ed un altro analogo scelto come riferimento, ed associare al primo un numero che ne esprime la misura. La misurazione è quindi un procedimento tendente a favorire o facilitare la conoscenza e l’interpretazione di fenomeni complessi quali quello di insegnamento/apprendimento.

Valutazione

La valutazione è il processo mediante il quale si attribuisce "valore" ad un oggetto, un’ azione o un evento. Ciò significa che valutare è l'attività di esprimere un giudizio di valore, un apprezzamento, riguardo a qualcosa che è accaduto, o che è stato fatto o che si presenta come qualcosa di rilevante e di significativo. Per valutare è necessario dotarsi di strumenti, procedure e apparati concettuali che permettano di controllare l’attendibilità del giudizio medesimo. Il giudizio valutativo può essere espresso con un voto numerico espressione di una scala di misura ordinale  o con un giudizio scritto strutturato e formulato adeguatamente in forma analitica o sintetica.

La formulazione di un giudizio valutativo è una operazione complessa che dovrebbe risultare da una serie di giudizi provvisori e dovrebbe essere espressione autentica della trasformazione che risulta dagli interventi apportati alla situazione di partenza grazie a tali giudizi provvisori. Il giudizio valutativo dovrebbe avere tre scopi: attivare una comunicazione fra scuola e genitori, fornire elementi informativi circa l’efficacia del progetto formativo, fornire elementi per una certificazione pubblica delle competenze manifestando all’esterno la qualità del servizio offerto dalla scuola. Nei primi due scopi il giudizio è da considerare come mezzo per identificare la situazione in rapporto ai problemi posti dalla formazione e deve contenere implicitamente il riferimento al riordinamento delle attività svolte e la modifica progressiva delle attività future in base agli esiti. E’ necessario che il giudizio comunichi informazioni affidabili e univocamente interpretabili fondato su scelte didattiche leggibili.

Misurazione degli apprendimenti: la curva di Gauss

Una prova viene somministrata per conoscere l’esito degli apprendimenti nell’intero gruppo di alunni e conoscere il livello di ciascun alunno rispetto al gruppo. Una volta somministrata, si calcola il punteggio grezzo, per poi calcolare la media (X), la mediana (Md), la moda (M), e quindi fare la trasformazione dei punteggi in voti. La mediana corrisponde al punto centrale della distribuzione dei punteggi e la moda è il punteggio che si ripete con più alta frequenza. Se la prova è proposta dopo un periodo di lavoro intenso e la sua struttura riflette gli obiettivi, allora quanto più il valore della media si avvicinerà al massimo teorico tanto più i risultati potranno essere considerati soddisfacenti. Il confronto fra media e mediana può indicarci se la maggior parte degli allievi abbia conseguito punteggi più alti, più bassi o coincidenti con i medi. Il calcolo della moda può anche fornirci informazioni su cosa sia accaduto in termini di apprendimento all’interno del gruppo. Nel caso in cui media, mediana e moda tendono a coincidere, i punteggi si distribuiscono in modo casuale o normale rappresentando una vera e propria curva gaussiana (fig. 1).

Figura 1. La curva di distribuzione normale (curva gaussiana)  

 

Cercando di semplificare è proprio da questo schema, o contro questo schema, che nascono le discussioni. Questa curva di distribuzione coincide con la tendenza dei fenomeni casuali e naturali per cui indica che poco si è fatto dal punto di vista didattico mentre i tecnici del Mastery Learning sostengono che se un apprendimento ha causato un cambiamento significativo, i risultati si devono distribuire secondo una curva a J (fig. 2 ) che indica che la quasi totalità del gruppo ha  raggiunto le conoscenze richieste e si situa nella fascia di profitto più alta.

Figura 2. La curva a  “J”  

 Le controversie sorgono già nell’accettare che gli esiti della formazione rispecchino l’andamento naturale e si distribuiscano secondo la curva a campana di Gauss, perché "rappresenta una sorta di costrizione dei risultati dovuta alla mancata valorizzazione di molte delle funzioni specialistiche della didattica ". Ma ancora più discutibile è quando nel grafico la curva dei risultati anziché spostarsi verso destra si sposta significativamente verso sinistra, indicando livelli di apprendimento molto bassi.

In realtà in questo ed altri casi si dovrebbe procedere ad ulteriori indagini, quali l’indice di difficoltà e di discriminatività di un quesito, e quindi rielaborare i quesiti meno adatti: una prova dovrebbe consentire anche di apprezzare le differenze nei livelli di apprendimento raggiunto da diversi studenti e la maggiore variabilità nei punteggi, indice di precisione nella descrizione di queste differenze, si può ottenere con quesiti la cui difficoltà non sia né troppo alta né troppo bassa.

I risultati possono inoltre essere considerati in relazione ad uno standard assoluto generale o in riferimento ad un gruppo nel senso che l’accettabilità della prestazione è determinata e dipende dall’andamento (o media) della prestazione del gruppo in considerazione, la norma delle prestazioni. Il vantaggio di quella che viene definita valutazione normativa, soprattutto in caso di risultati molto negativi, è quello di poter cogliere più facilmente la variabile interna degli apprendimenti,  mentre lo svantaggio è quello di non avere criteri assoluti per determinare se una prestazione è degna di "promozione" o "bocciatura". E’ questo che ha portato a riflessioni del tipo: se non si raggiungono gli standard assoluti prefissati si devono bocciare tutti gli allievi di una medesima classe,  di un determinato tipo di scuola, di una certa area geografica?

Altre considerazioni vanno fatte nel definire la soglia di adeguatezza nel possesso delle competenze richieste. C’è chi sostiene che si debba collocare sui livelli minimi di competenza e chi ritiene che solo elevando il livello richiesto sia possibile conseguire migliori risultati. La soluzione  più comune nel caso di risultati globalmente negativi è quella di abbassare lo standard minimo così da non dover tornare su altri fattori che potrebbero avere influito sull’esito.

Ma proponendo livelli standard minimi si hanno livelli di attesa corrispondenti e si può favorire un livellamento verso il basso, mentre l’aspirazione a conseguire obiettivi di qualità elevata può spingere docenti e scuole a trovare soluzioni per migliorare i risultati di apprendimento e sollecitare gli allievi ad un maggiore impegno.

Come abbiamo visto, non basta raccogliere i dati ma bisogna avere capacità di interpretazione e di analisi delle varianti. L’analisi scientifica dei dati può essere utilizzata contro gli insegnanti se la si considera una dimostrazione dell’inefficacia del lavoro svolto mentre un docente aggiornato, consapevole ed in grado di gestire anche gli strumenti statistici  e tecnologici necessari alla valutazione, sa trarre vantaggio dai dati, riorganizzare il suo insegnamento e considerare altre variabili.

Non va dimenticato inoltre che, soprattutto al disopra e al di sotto dei risultati medi della curva di Gauss, si addensano non solo le capacità individuali ma anche le condizioni socio-economiche familiari che influenzano il rendimento degli alunni e che l’efficacia dell’insegnamento dipende anche dalle scelte di politica scolastica fatte a livello locale e nazionale.

Problemi aperti

G. Domenici nell’introduzione  al suo libro Manuale della valutazione scolastica evidenzia che la valutazione nella e della scuola è diventato un problema di importanza primaria in quanto mutando il quadro di riferimento storico sociale si torna a chiedersi cosa i docenti valutano e da quali fattori siano influenzati ed anche se le scelte di politica scolastica siano efficaci e che esito possano avere. Secondo lo studioso un rigoroso processo valutativo costituisce il fulcro su cui devono poggiare le necessarie decisioni di miglioramento continuo della didattica, delle singole unità scolastiche, dell’intero sistema.

B. Vertecchi analizza il problema della valutazione scolastica in Italia e propone un’interessante ricostruzione dell’esigenza di valutare nel corso dell’ultimo secolo. Egli afferma che il contesto italiano ha risentito delle ricerche sulla valutazione in ambito internazionale, ma questi influssi non sono riusciti ad intaccare la sostanza, ed hanno prodotto mutamenti solo nella forma. Il linguaggio specialistico ha acquisito nuovi termini che sono stati reinterpretati, come è il caso della valutazione formativa e della valutazione sommativa. Ma ancora più evidente è stata la mancanza di una cultura educativa fondata sulla ricerca che, avviata nell’Ottocento, ha subito un arresto nei primi decenni del Novecento per il concorrere di fattori sociali e politici. Solo dopo la riforma della scuola media del 1962 s’incominciò a sentire il bisogno di modelli interpretativi e metodologici nuovi per dar conto di una realtà in trasformazione che vedeva mutare il ruolo della valutazione. Si doveva risolvere la contraddizione costituita dal fatto che da un lato tutti i bambini ed i ragazzi fossero obbligati a frequentare la scuola, dall’altro si impedisse loro, attraverso forme esplicite o implicite di selezione, di completare il ciclo dell’istruzione di base.

Questa questione fu risolta a livello normativo con la legge 517/77 che aboliva la valutazione nella primaria e  cambiava la scala di valutazione (giudizi descrittivi invece dei voti) nella secondaria inferiore, mentre sarebbe stato necessario modificare le concezioni e gli stili degli interventi educativi, una modifica della cultura educativa possibile solo con un impegno nella ricerca. Ma i mutamenti necessari avrebbero richiesto impegno, sia nei docenti che nelle scelte di politica scolastica, e le trasformazioni sociali in atto continuano a non essere comprese: "di fronte alla crescente difficoltà della scuola nello svolgere il suo compito educativo l’unica soluzione è sembrata quella di intensificare le pratiche valutative". Il ripensamento ha già coinvolto la scuola elementare, nella scuola media ha portato il ritorno alla valutazione in decimi e, con un’enfasi particolare, si è manifestato per tutti gli ordini di scuola nella valutazione del comportamento che incide in maniera notevole sulla valutazione finale e nell’ammissione alla classe successiva.

Il discorso sulla valutazione coinvolge anche il rapporto fra cambiamento sociale e modelli valutativi e fra valutazione e selezione. Il problema fondamentale è che troppo spesso si dimentica che il giudizio espresso al termine del processo valutativo ha lo scopo di far conoscere ai docenti quale sia la risposta degli alunni, così da ritornare sulla didattica, per modificarla o integrarla con percorsi individualizzati di rinforzo, consolidamento, recupero e sostegno: la scuola infatti non si limita a giudicare le risposte degli alunni all’insegnamento, ma si impegna a condurre percorsi didattici modificandoli in corso d’opera attraverso le risposte  degli alunni.

Nonostante la diffusione di ottime tassonomie degli obiettivi soprattutto cognitivi e di studi che li traducono in termini concreti, ancora vi è disagio nell’approccio alla docimologia. M. Comoglio lo ha considerato superato a favore di una valutazione autentica che si fonda sulla convinzione che l’apprendimento scolastico non si dimostra con l’accumulo di nozioni, ma con la capacità di generalizzare, di trasferire e di utilizzare la conoscenza acquisita a contesti reali,  le prove sono preparate in modo da richiedere agli studenti di utilizzare processi di pensiero più complesso, più impegnativo e più elevato.

Verificando con maggiore autenticità l’apprendimento si possono far raggiungere livelli più elevati di prestazione e preparare meglio gli studenti a un inserimento di successo nella vita reale. Non avendo propriamente lo scopo della classificazione o della selezione, la valutazione autentica cerca di promuovere e di rafforzare tutti, dando opportunità a tutti di compiere prestazioni di qualità. Essa offre la possibilità sia agli insegnanti che agli studenti di vedere a che punto stanno, di autovalutarsi e migliorare il processo di insegnamento o di apprendimento: gli uni (gli insegnanti) per sviluppare la propria professionalità e gli altri (gli studenti) per diventare autoriflessivi e assumersi il controllo del proprio apprendimento.

S’intende qui una valutazione con la funzione di revisione/riflessione del percorso formativo realizzato dal soggetto in apprendimento. Quindi, non valutare le prestazioni, ma studiare ed apprezzare gli itinerari cognitivi mediante i quali ciascun soggetto in apprendimento conquista i propri saperi per valorizzare le caratteristiche specifiche di ciascun itinerario formativo intrapreso dagli studenti. Per quanto innovativo tale approccio lascia aperte molte questioni ma è indicativo di quanti tentativi siano stati fatti per risolvere la contraddizione costituita dal fatto che, da un lato, tutti siano obbligati a frequentare la scuola, dall’altro, si impedisca loro, attraverso forme più o meno esplicite di selezione, di completare il ciclo dell’obbligo.

La valutazione della scuola

Problemi analoghi alla valutazione nella scuola si riscontrano quando l’oggetto della valutazione diventa la stessa scuola, considerata come istituto scolastico o come sistema d’istruzione nazionale. Si affinano le tecniche per l’autovalutazione di istituto ma tale tipo di valutazione  è ancora sottovalutata o guidata verso risultati forzatamente positivi, per cui difficilmente si osservano insuccessi che invece condurrebbero ad un miglioramento della qualità dell’offerta formativa.

Da ciò deriva la necessità che a valutare le scuole sia un ente esterno, il cliente (alunni e genitori che sicuramente già ne valutano la qualità al momento della scelta di un istituto) o un ente nazionale creato allo scopo come l’INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell’Istruzione) che, oltre a valutare le scuole, dovrebbe valutare anche il sistema educativo nazionale. Ma i problemi sorgono quando devono essere indicati i parametri di valutazione, ovvero cosa misurare per esprimere un giudizio di valore. Ci si chiede su cosa sia necessario fondare la valutazione, sul numero di promozioni, su tasso di proseguimento degli studi, sul contributo dato alla ricerca educativa e didattica?

Diversi studiosi si sono occupati della valutazione d’istituto e fra questi M. Castoldi ha prodotto analisi significative. Secondo Castoldi i tre soggetti che agiscono nel servizio scolastico sono il cliente, il committente ed il soggetto erogatore. Si assiste ad una domanda formativa delle famiglie e del sistema sempre più consapevole ed esigente che porta a ripensare e riqualificare l’assetto esistente ed a controllare merito e risultati formativi. L’autovalutazione d’istituto, in particolare, ha una funzione di sviluppo ed aiuta a prendere decisioni e consiste in un’ispezione sistemica del funzionamento della scuola come primo passo di un processo di miglioramento che permetta un più efficace perseguimento degli obiettivi. Essa è una risorsa per la scuola e può essere messa in rapporto all’autonomia scolastica e al sistema nazionale di valutazione.

In effetti la ricerca valutativa offre almeno cinque approcci metodologici con cui affrontare la qualità dei processi educativi ed organizzativi erogati dalla scuola. Il primo si basa sulla soddisfazione del cliente, il secondo sulla diagnosi organizzativa e gli altri tre rispettivamente sull’autoanalisi d’istituto, gli indicatori educativi ed il controllo degli esiti formativi. Nelle decisioni su cosa valutare è difficile optare unicamente per l’approccio aziendale perché la qualità del servizio formativo si sostanzia all’interno di una relazione strutturalmente asimmetrica, con problemi metodologici che vanno dalla metodologia sperimentale a quella fenomenologica. La diagnosi organizzativa, che è un’analisi sistemica dell’organizzazione scolastica, richiede la presenza di un consulente esterno che fornisca ai decisori le informazioni per le scelte progettuali ed organizzative. L’autoanalisi d’istituto può essere efficace ma ha come punto di debolezza la scarsa credibilità di un impianto valutativo a gestione interna, mentre il sistema basato sugli indicatori educativi offre un sistema di dispositivi d’allarme utili ad accertare lo stato di salute del sistema e a segnalare eventuali disfunzioni. L’ultimo approccio, il controllo degli esiti formativi, ha come punto di favore il focus sui risultati e la comparabilità ed è quello su cui si basa l’INVALSI che cerca di elaborare un sistema di controllo dei risultati dell’apprendimento come cardine di un percorso autovalutativo.

In realtà l’approccio migliore è l’approccio integrato che utilizza il controllo sistematico degli apprendimenti, rileva il grado di soddisfazione dei diversi soggetti, ed effettua un monitoraggio periodico tramite indicatori, facendo diventare tutti questi elementi strumenti di valutazione da utilizzare annualmente per verificare l’efficacia delle linee progettuali messe a punto nel POF.

Bibliografia:

Domenici, G. 2003. Manuale della valutazione scolastica. Bari: Laterza

 Vertecchi B., Agresti G., 2008. Laboratorio di valutazione. Roma-Bari: Laterza

Comoglio, M. 2002. La valutazione autentica. In “Orientamenti Pedagogici” 49 (1).

Castoldi , M.2002. Autoanalisi di Istituto: percorsi e strumenti di autovalutazione. Napoli: Tecnodid.

 

Per approfondire:

http://elearning-let.unicas.it/lsrf/arduini/pedspe/docimologia/pdf/Lezione1.pdf

http://elearning-let.unicas.it/lsrf/arduini/pedspe/docimologia/pdf/Lezione2.pdf

http://elearning-let.unicas.it/lsrf/arduini/pedspe/docimologia/pdf/Lezione3.pdf

http://elearning-let.unicas.it/lsrf/arduini/pedspe/docimologia/pdf/Lezione4.pdf

 

http://www.laletteraturaenoi.it/index.php/scuola_e_noi/134-la-credibile-storia-di-diane-ravitch-sulla-scuola-dei-test.html

 

 

VALUTARE OGGI: PROBLEMI E PROSPETTIVE

Gaetano Domenici riflette sulla valutazione nella scuola

 

 

Esperienze internazionali di valutazione dei sistemi scolastici - I Parte